Capita di essere coinvolti e osservare scene di educazione digitale quotidiana che in realtà poco hanno a che fare con educere.
Un bambino, presumibilmente di 4 anni rifiuta di consegnare il tablet alla madre, pur sotto calma e pacata insistenza. Si siede a tavola per mangiare, con l’oggetto spento stretto tra braccio e tronco, e con l’altra mano impugna la forchetta.
Questa riflessione la faccio a nome di #educare4punto0 nell’ambito della nostra rassegna estiva di #summerdigital poiché ritengo sia oggetto del nostro pensare e dire. Non è nostra intenzione, ormai lo sapete da tempo, propinare giudizi riguardo ai comportamenti. Vogliamo, in questo caso, riproporre la prassi delle regole. A volte tale pratica corre il rischio di diventare un’ansia da prestazione per i genitori; eppure sia genitori che educatori siamo fortemente consapevoli che un “no” chiaro aiuta a comprendere. I compromessi hanno il loro tempo e il loro modo di essere; in certe occasioni non è forse ancora il momento di metterli in atto.
Per questo, ci piace più parlare di vere e proprie consuetudini e pratiche, che, certo agli occhi, di chi le subisce, possono sembrare interdizioni, ma che hanno la forza del dialogo e della fermezza di un adulto che riesce a dire no.
Riguardo poi all’educazione digitale(il cui significato scritto così com’è non è rintracciabile online, bisogna digitare alfabetizzazione digitale, per recuperare qualcosa di simile) la funzione di maestro e guida da parte del genitore può non essere così semplice, visto le competenze che i più giovani possono avere riguardo alla tecnologia. Il fatto è che non si tratta di insegnare ad usare; ma di capire come e cosa farci con quello strumento.
A tal riguardo, all’incirca un anno e mezzo fa, partecipammo ad un Convegno Internazionale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e trovammo nella trasmissione dei “valori e della conoscenza” la base essenziale su cui ci stavamo confrontando da tempo.
E questi elementi, malgrado il tempo trascorso, restano ancora validi e importanti; certe cose, insomma non cambiano, malgrado la tecnologia avanzi.
Per questo, ricordiamo ancora con attenzione, l’intervento di Serge Tisseron, psicologo, psichiatra e psicanalista francese, oltre che scrittore e divulgatore. Ci rimasero molto impresse le sue parole sul “come, quanto e quando” lasciare il computer (o in genere i mobiles) in mano ai nostri figli. Le sue balises (regole, suggerimenti) si focalizzano a partire dalla prima infanzia e i suoi studi hanno portato a una sorta di manuale e a una campagna di diffusione in tutta la Francia chiamata “3-6-9-12”; queste le età, secondo cui, è possibile che i genitori debbano cominciare ad educare i propri figli all’uso del digitale. In Italia il tuo testo è stato curato da Pier Cesare Rivoltella, direttore del Cremit.
E se vi soffermate a leggere quanto indicato per ogni età, vi accorgete di come siano consigli “pratici e di buon senso”, non imposizioni ma proposte che portano a riflettere.
Dunque tornando al bambino con il tablet sottobraccio…Si può provare a esprimergli il proprio dissenso: “A tavola, con questo non si sta. Vedi, anche io ho messo via il cellulare”.
E questo lo potrà comprendere con la vostra ferma coerenza e un gran bel sorriso!
Vi lasciamo alcuni link per approfondire; buona lettura e buona visione.
Video di Tisseron su “3-6-9-12” in francese
Grazie Monica per questo bellissimo spunto di riflessione. Io sono scarsamente tecnologico, ma penso che la coerenza e l’esempio di noi genitori, come sopra suggerito, siano basi imprescindibili per un uso corretto dei nuovi mezzi informatici e di comunicazione.
Grazie ancora.
Paolo
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Caro Paolo, perdona il ritardo nella risposta…La coerenza resta fondamentale in ogni nostro modo di essere. In quello genitoriale ed educativo, come tu ben sai, ancora di più.
Felice di leggerti, ogni tanto. Buona estate!
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