Illuminamenti e doni.

Standard

Mentre le giornate scorrono e il tempo a volte si dilata (del resto il caldo pare abbia questa funzione) accadono illuminamenti e doni che possono correre il rischio di essere condivisi.

Qualche giorno fa, una domenica pomeriggio, una breve gita vicino a casa. Arriviamo a Stradella (quella della “famosa fisarmonica”) e lì le prime visioni dettate subito da uno star bene palpabile. Quella cittadina fu il primo luogo del mio primo lavoro, appena laureata. La prima volta in cui mi trovai a fare l’educatrice, a stare accanto alla disabilità e ai conflitti emotivi che mi roteavano dentro. E fu anche il luogo in cui conobbi il mio futuro compagno di vita; cose non da poco insomma. Il camminare in quelle vie, non da sola, mi ha portato all’esplorazione fisica del luogo con un sorriso costante sulle labbra. Così ho pensato di essere anche utile, in questo momento dell’anno, in cui si ha voglia e occasione di viaggiare. Vi lascio il suggerimento di andare a visitare Stradella; di soffermarvi sulle vie laterali, quelle che un po’ divergono e lasciano le piazze principali. E poi fermatevi al Civico Museo della Fisarmonica Mariano Dallapè; una scoperta davvero interessante, visitabile dai primi anni del 2000 e meta di appassionati da tutto il mondo.

Stradella_torre_con_campanile_in_piazza_del_mercato_xilografia_di_Barberis

A chi come me abita nella bassa pianura, vicino al grande fiume, i paesi incuneati nelle colline, al confine con altre province, immersi nel verde o rosso delle vigne, hanno ogni volta destato interesse e un certo fascino.

Ho trascorso tre anni della mia vita “lavorativa”(e non solo) lì; quando si torna, riecheggiano le emozioni e i ricordi.

L’altro ieri. Un’estrazione programmata di un dente del giudizio a mio figlio mi ha portato al pensiero dei ricordi e dei rituali non vissuti.

Si sa, quando si toglie un dente di tale fatta, è necessario per qualche giorno mangiare semiliquido, così dicono le carte dei suggerimenti medici. Ho provato a capire cosa potesse voler dire ciò; e mi sono tornate alla mente le memorie, non vissute, ma tramandate, di pappette alla tapioca e mais o purè.

Da lì l’associazione e il dono.

Non ho avuto la possibilità di vivere il suo tempo “da piccolo”; non c’è stata la fase dell’imboccare e rompere e sminuzzare i pezzetti per aiutarlo a masticare. Non con me. Dunque non so, ne lo saprò mai cosa possa aver mangiato da piccolo. Posso immaginarlo si, ma non c’ero. Eppure questa negazione d’essere non mi ha impedito di industriarmi e chiedere consigli. A mia madre in primis . E poi, mano ai cucchiai e alle dosi tra brodo e polvere, e ha potuto mangiare agevolmente. Io,da mamma mi sono presa cura di una difficoltà che, seppure in un’ età differente, mi ha permesso di sostare, in quello che potrebbe essere stato…E questo è stato davvero un regalo!

rope-1465324_1920

 

Il nucleo della mancanza di quel tempo ogni tanto riaffiora…Del resto adottare un figlio vuol dire avere coscienza di un prima in cui non eri compresa, non eri lì. In questo lo scorrere degli anni e la relazione affettiva ti confermano che conta esserci ora e poi, chissà, se siamo tutti legati è probabile, che in qualche altro mondo e tempo, ci siamo già incontrati.

Perché escluderlo.

Una risposta »

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.