E siamo al terzo

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Questa volta mi piacerebbe andaste lontano…Dove forse non siete mai stati davvero. Ma potreste provarci con la fantasia.

Del resto lo stesso Salgari non era mai stato in Malesia ma le descrizioni dei luoghi e Sandokan ce lo ricordiamo bene!

Allora vi lascio a questo nuovo fiocco e fuori programma vi metto una sigla che ancora mi fa batter il cuore…Già da allora cominciò il mio amore per l’India!

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  1. Lo scambio,
    Sumalee camminava con calma. La sua rete in spalla. Se oggi fosse riuscita a portare al mercato almeno cinque noci di cocco sarebbe riuscita a comprare verdure e riso a sufficienza per sua madre e i suoi tre fratelli. Ormai alla piantagione la conoscevano e se l’avessero vista avvicinarsi sarebbero state legnate, non importava che fosse una bambina. Lei non aveva paura. Sapeva di essere abbastanza furba per quelle teste di legno. Li aveva osservati per settimane e ormai sapeva in quale zona lavoravano, a lei bastava trovare una palma in un punto lontano dalla squadra al lavoro oggi. Si guardò attorno e poi uscì dalla strada inoltrandosi in una foresta di bambù. Si insinuava tra le lunghe canne a fatica ma passando di là nessuno l’avrebbe vista arrivare.
    Era sudata. Dopo una mezzora sbucò in una radura, il sole era appena stato coperto da una nuvola. Il monsone stava per iniziare doveva muoversi altrimenti con la pioggia avrebbe avuto molta più difficoltà a salire sulla palma. Da lì poteva vedere la piantagione e secondo i suoi calcoli i raccoglitori avrebbero lavorato lungo il fiume. Si diresse dalla parte opposta. Il vento cominciava a scuotere la cima delle palme non le restava molto tempo. Dopo aver ascoltato per qualche minuto decise di cominciare. Si sfilò la cintura, un lungo laccio di cuoio che aveva rubato al mercato. Si avvicinò alla palma che aveva scelto e la cinse con la cintura cominciando a salire piano come aveva imparato dopo aver osservato un operaio della compagnia elettrica al lavoro su un palo della luce. Era faticoso all’inizio ma ormai le sue braccia e le sue gambe avevano sviluppato muscoli forti. In trenta secondi fu in cima. Estrasse un coltello dalla tasca e comincio a staccare le noci. Aveva provato a farle cadere ma a volte si rompevano e non poteva più venderle, allora si era costruita una borsa con una rete e mano a mano che le staccava le infilava all’interno. Il suo massimo carico era di cinque, sei se le noci erano piccole poi il peso era troppo e sarebbe stato pericoloso. Portare troppo peso poi la rendeva lenta e se fosse stata scoperta avrebbe dovuto lasciare la borsa, con cinque noci invece poteva correre. Stava scendendo quando grosse gocce di pioggia cominciarono a cadere. Le gocce fredde sulla pelle accaldata davano sollievo ma il tronco cominciava ad essere scivoloso. Doveva sbrigarsi anche la squadra al lavoro avrebbe smesso la raccolta e rischiava di essere scoperta.
    Era appena scesa a terra quando cominciò a sentire delle voci. Il monsone si era fatto insistente e lei non riusciva a capire nel frastuono dell’acqua sulle foglie da dove provenissero. Certo avevano lavorato al fiume quindi avrebbero dovuto risalire alla sua destra ma non ne era sicura, forse avrebbero preso l’altro sentiero meno battuto ma più corto. Dipendeva dal fatto che decidessero di salire con i carri del raccolto o a piedi lasciando qualcuno a guardia dei carri. Aveva paura lì in mezzo alla foresta potevano ucciderla e nessuno l’avrebbe trovata.
    Presa dal panico cominciò a correre. Si diresse verso la radura da cui era arrivata. Ma doveva aver perso la strada. Il cuore le batteva all’impazzata. Lacrime cominciavano a scenderle lungo il viso. Pensava alla mamma e ai tre fratellini. Vide un gruppo di bambù e decise di entrarci almeno sarebbe stata nascosta alla vista, avrebbe anche potuto restare lì tutto il giorno e vendere le noci il giorno dopo. Si stava spingendo a fatica fra le canne quando improvvisamente si trovò all’esterno. Era sbucata su una strada di terra battuta. Guardò a destra e a sinistra, non c’era nessuno. Ormai aveva completamente perso il senso dell’orientamento. Decise di andare a destra.
    Dopo qualche minuto senti un rumore. Un frusciò provenire dal muro di canne di bambù che costeggiavano la strada. Si fermò ed estrasse il coltello. Non sarebbe servito a molto se l’avessero trovata. Era immobile sotto la pioggia. Il fruscio continuò per qualche minuto finché dalle canne sbucò una grossa gatta a tre colori. Sumalee riprese a respirare. A poco a poco il suo cuore rallentò. Si mosse e la gatta si voltò a guardarla. Le andò incontro e le si strusciò sulle gambe era calda sulla pelle bagnata dalla pioggia. Le fece un paio di carezze. Aveva un collare rosso con appeso un piccolo talismano contro gli spiriti. «Tu sai dove andare?» lo chiese più che altro a se stessa. La gatta la guardò di nuovo e si diresse lungo la strada nella stessa direzione che aveva preso lei. Sumalee la seguì. Dopo una decina di minuti arrivarono in un punto in cui la strada svoltava a destra, affacciandosi Sumalee vide un’enorme casa, una reggia.
    Sul davanti un ampio patio rialzato coperto da un tetto spiovente. La gatta salì i tre gradini. Sumalee era curiosa ma aveva paura. La gatta si voltò verso di lei invitandola. La bambina si fece coraggio e salì a sua volta. Al centro del patio una grande tavola circondata da sedie di vimini. Sulla tavola ceste di frutta fresca erano disposte su una tovaglia bianca. Sumalee si avvicinò guardandosi attorno. Non c’era nessuno. Intorno alla grande casa la foresta di bambù impediva di vedere qualsiasi cosa oltre alla zona del giardino curato pieno di fiori dai mille colori. Non aveva tempo. Prese la borsa di rete, tolse due noci di cocco e la riempì con più frutta che poteva, era comunque uno scambio pensò. Aveva fame. Addentò un frutto rosso. Era delizioso, il succo le scendeva in gola rinfrescandola. All’improvviso senti dei passi. Si voltò. Alle sue spalle un indiano dagli occhi verdi in una lunga tunica azzurra la fissava serio. «Sono Temirak e tu sei a casa mia». Sumalee raccolse la sua borsa e scappò lungo la strada sterrata. Temirak guardò la gatta. «Devi avvisarmi se porti a casa degli amici Nitaya. Comunque hai fatto un buon baratto. Abbiamo guadagnato due noci di cocco». Le sorrise e la prese in braccio accarezzandole il pelo bagnato.

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