Sono ancora in tempo per un augurio consueto e di gioia per il Natale imminente.

Vorrei questa volta regalarvi l’ inizio di un racconto che da qualche tempo mi gira dentro. Nato come esercizio creativo in chat con un amico ha preso una sua strada. E sta diventando più chiara. Dunque buona prima lettura. Nei prossimi giorni la sua evoluzione…

E Buon Natale!

Questa volta il vento non mi aveva dato scelta. Avevo avuto l’ opportunità di volarmene via. Tutto l’ anno me ne stavo appeso a un chiodo al centro degli infissi in legno di una finestra di una sala da pranzo. Il mio colore, da bianco che era, si era adagiato verso il tinta carne. Il sole e la parola erano stati complici in questo. Ma quell’apertura era stata inaspettata e attesa. Il vento cominciò farmi roteare. Mi sollevava e mi spostava ritmicamente a destra e sinistra. Uno strattone più forte fu decisivo. Il filo con cui ero agganciato al chiodo si spezzò e mi ritrovai fuori all’aria aperta. Un pizzo color carne che ondeggiava tra le strade di un paese. Intorno c’ erano molti campi. Gli alberi ne delimitavano i confini. E viaggiavo senza toccare terra, spinto. A furia di strappi e per un’ interruzione improvvisa del moto del vento planai sul tronco di un albero. La corteccia era dura, ben in rilievo e scura. Mi graffiava e mi tirava i fili del ricamo. Un altro alito, più dolce, di vento mi spostò verso qualcosa che non compresi subito cosa fosse… Non volli rischiare mi agganciai a quattro sporgenze. Dietro c’ era tutto nero. Sentivo l’ aria arrivare da lì e passarmi attraverso. Un buco dietro di me e davanti l’ aria e la visione infinita del cielo. Ecco ora potevo anche restare agganciato lì.