Ci siamo di nuovo! Per molte cose, positive e no, ma siamo ancora qui.
Qui con l’ansia e la preoccupazione per quanto continua ad accadere. Con la forza, però, di voler andare avanti. E non vuole essere retorica o solo augurio. Del resto è piuttosto risaputo che la resilienza viene messa in atto proprio laddove la crisi è più potente e forte.
Come maestra, vi dico la verità, ho sperato di non dover tornare dietro gli schermi. Ma sono cosciente che al momento è il modo più idoneo e sicuro per poter continuare, non solo ad avere un rapporto con gli studenti, ma anche per approfondire e offrire la didattica e la formazione necessaria.
Lo sforzo lo stiamo facendo tutti. Si percepisce. Lo si vede negli occhi dei bambini e delle bambine più “esperti” e in quelli che si sono affacciati per la prima volta a questa modalità. Lo stesso posso dire della partecipazione delle famiglie. C’è preoccupazione certo, ma anche molta attenzione.
E c’è il privato, anche in questi collegamenti. C’è l’entrare nelle case altrui. Noi maestre siamo quasi delle “intruse” e a nostra volta siamo viste con altri occhi. Entra la nostra quotidianità (anche se a volte gli sfondi differenti o sfocati nascondono o confondono: “maestra, ma sei al mare?”) e anche l’aspettativa di poter proseguire in quello che ci eravamo proposte come educatori ed insegnanti.
E c’è il fuori fatto di chiusure…Di necessità di aria, di poter scambiare gli sguardi, non si osa pensare a contatti fisici, ad abbracci. Sembra quasi non essere cambiato nulla. Sembra. Ognuno di noi credo percepisca questo stato sospeso in modo differente, ma il viverlo realmente, è pressoché simile.
Mi permetto di pensare che pur sembrando così, ci siamo già passati…Non intendo dire che bisogna sperare e basta. La speranza è tra le parole che sì, mi appartengono, ma preferisco parlare di consapevolezza e attenzione. Più che speranza mi piace osare: fiducia.
Del resto dopo l’inverno arriva sempre la primavera. Prima o poi arriva. Sarebbe sciocco dubitare di ciò.
