Una settimana fa sono “sbarcata” all’Expo. E ora in risposta al tweet dell’amico Andrea Toxiri vi racconto cosa mi è sembrato.
Una premessa fondamentale; il mio è stato (per il momento) il “giro” di un’unica giornata e quanto vi scriverò è solo una mia personale impressione e cercherò di essere priva di giudizi. Qualora “giungessero” sono di mia personale “proprietà”, senza che altri, necessariamente, possano concordare o meno. Scriverò al plurale perché insieme a me c’erano marito e figlio(con visioni diverse, è chiaro, ma insieme).
Dunque; prima tappa trovare parcheggio. Arrivati dall’autostrada nei pressi di Famagosta si è intuito da subito che non era il caso di provarci…ci è andata bene, abbiamo lasciato la macchina a Bisceglie e via con il metrò.
Scesi da lì un fiume che già scorreva verso l’ingresso(ma ancora non lo vedevamo); la fila è stata breve. Passati i controlli il lungo cammino sotto le bandiere di tutti i paesi partecipanti e poi finalmente…accolti da volontari con pettorina che indicavano percorsi alternativi per passeggini e sedie a rotelle e gentilmente ti offrivano la “mappa”.
Ora dopo una settimana posso dirVi che ho visto molto poco di quella mappa...però qualcosa ho visto. E soprattutto, rubando una frase a mio figlio, “si stava in un altro mondo”. Si, perché tutto “appariva”, sia in termini di forme, colori e luci. Mi sembrava di essere come dentro una “bolla speciale” in cui girare per vedere, capire e carpire quanto più era possibile. Ci siamo rifiutati di fare file…
Abbiamo viaggiato su “pianeti minori” attraverso l’Africa, il Bahrain, l’Iran, la Santa Sede, una puntatina in Francia, negli Stati Uniti, Paesi Bassi, Polonia e Argentina(e credo anche di averne dimenticato qualcuno)…per concludere con lo stand cinese di Vanke e un saluto al Nepal. E in mezzo? Un gran camminare, una spesa tecnologica alla Coop e una bio, un soleggiato riposare su comodi materassi e un saporito aperitivo da Slowfood.
Insomma un assaggio; ho apprezzato le vedute dalle terrazze. Davvero evocativo vedere le strutture dall’alto. Mi stupivo ogni volta per l’assalto ai timbri da mettere sul “passaporto”(difficile sfuggire a questo, eppure ce l’ho fatta. E tra i miei accompagnatori qualcuno si è accontentato di averli sulla mappa). Mi è piaciuta l’acqua tutt’intorno…
Tornando a casa, “stanchi e contenti”, mi è arrivato un pensiero su tutte quelle persone che vedevo lì lavorare e a quelle dentro i padiglioni che rappresentavano i loro paesi. Ho pensato alla fatica nel costruire il tutto e allo stesso tempo alla determinazione nel poter essere lì, “esposti” in una finestra mondiale. E anche quest’ultima credo sia in parte una fatica…non è poi così il “vero mondo” che ci mostra Expo; una vetrina sul mondo e dunque con molti riflessi. E i riflessi, si sa, a volte distorcono.
Ma è in ogni modo una visione…
Ecco Andrea, spero di avere risposto alla tua domanda!