Gulabi Gang

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Ieri stavo navigando in rete, alla ricerca di notizie sulle “caste indiane”, mi compare quel titolo “con il sari rosa”.

Il titolo è quello di un libro e anche di

Gulagi gang

un film; narrano entrambe la storia di Sampat Pal Devi; vi posto qui alcune notizie e Vi sollecito an andare a visitare il sito, lo metterò tra i link cliccabili dal blog stesso.

“Un giorno, quando Sampat è ancora piccola e ha i piedi a mollo in una risaia, vede passare un gruppo di bambini. Ordinati e puliti, non sono certo diretti al lavoro nei campi. Vanno a scuola, le dice qualcuno. Sampat non sa bene cosa sia la scuola, ma sa che solo i ricchi ci vanno. Ai poveri, i figli servono nei campi. Sampat è più che povera, appartiene a una delle caste più basse dell’India, è quasi un’intoccabile, e vive in un poverissimo villaggio dell’Uttar Pradesh. Il suo destino sembra segnato.
Ma lei è una bambina sveglia e quel giorno decide di andare a scuola con gli altri. Ci andrà molte altre volte, all’inizio restando in disparte, dimostrando un’intelligenza pronta e un innato senso di giustizia.
Nulla può però contro le millenarie tradizioni del suo paese. Ha solo nove anni quando, come è consuetudine, viene data in sposa a un uomo ben più vecchio. Non conosce il marito, non sa nulla del matrimonio, non ha ancora raggiunto la pubertà. Non è che una bambina. Da quel momento la consuetudine vuole che lei sia silenziosa e si sottometta al marito, alla suocera e ai soprusi di chiunque appartenga a una casta più elevata. Perché così si deve fare. Perché quello, le dicono, è il suo destino.
Ma Sampat non sopporta le prevaricazioni, e non accetta di essere considerata inferiore a nessuno. Quando osa reagire all’ennesima angheria, la suocera la caccia di casa, insieme ai due figli che intanto sono nati. Potrebbe essere la fine, e invece è un nuovo inizio. In poco tempo, diventerà la paladina degli oppressi, soprattutto delle donne. Che in migliaia, da tutta l’India, si uniscono a lei per dare il via a una rivoluzione rosa, dal colore del sari che hanno scelto come divisa.

Sampat Pal Devi ha deciso di passare all’azione dopo aver saputo che sua sorella era stata trascinata dai capelli nel cortile di casa sua dal marito alcolista.

Volendo “dare una lezione agli uomini colpevoli”, ha radunato donne del suo quartiere; il gruppo armato di bastoni, sbarre di ferro e una mazza da cricket, è andato a trovare il cognato, l’ha inseguito fino al campo di canna da zucchero e riempito di botte.
Così è nata la Gulabi Gang, letteralmente la banda rosa, un gruppo di ragazze che, nell’Uttar Pradesh, uno degli Stati più poveri dell’India, si batte, anche con la forza fisica, contro mariti (o padroni, o poliziotti) violenti e sfruttatori.

A Banda e dintorni, le compagne di Sampat Devi sono ora le vigilantes della zona. Se qualcuno picchia la moglie e la caccia di casa, nel giro di poche ore si ritrova circondato da sari rosa, sguardi inquisitori e dita puntate contro. Lo stesso accade ai latifondisti o agli impresari sospettati di sfruttamento, o agli ufficiali corrotti o violenti.
Nel maggio 2008, circa 400 gulabi hanno assaltato l’ufficio della compagnia elettrica locale, colpevole di aver tagliato la luce alle loro abitazioni e di aver preteso bustarelle per riattivare la corrente. Non trovando il responsabile, le donne inferocite vi hanno chiuso a chiave i dipendenti.
Camionisti colti in flagrante mentre trasportavano carichi rubati di provviste destinate ai poveri, sono stati fermati e costretti a fare marcia indietro. Ufficiali di polizia prepotenti o corrotti sono stati presi a schiaffi. Gli adulti a caccia di bambine da sposare fanno la stessa fine, se non peggio. E’ una giustizia dal basso, certo discutibile ai nostri occhi, ma probabilmente più efficace di quella latitante dello Stato.

“È vero, a volte reagiamo con la violenza alla violenza, ma per lo più siamo estremamente civili. Sappiamo che ci sono anche altri modi per aumentare il potere delle donne. E infatti noi abbiamo scuole, centri che le assistono economicamente. La nostra banda è una lezione per il governo. L’India è un Paese in continuo progresso. L’ economia cresce, arrivano gli investimenti. Perché non dovremmo farci carico dei problemi dei più poveri, supportare le donne e fare in modo che per loro ci sia una vera giustizia?”.
La violenza è l’ultima scelta, dopo aver tentato con la persuasione. In casodi violenza domestica, andiamo a parlare al marito per spiegargli che ha torto. Se rifiuta di ascoltare, facciamo uscire la moglie e picchiamo lui. Se necessario, lo picchiamo in pubblico per farlo vergognare. Gli uomini sono abituati a credere che le leggi si applicano solo a loro, ma noi usiamo la forza per farsi che questo cambi totalmente. Siamo una gang per la giustizia. Indossiamo il rosa perché è il colore della vita.
Orgogliosissima del suo lavoro, dice: “Abbiamo impedito che le donne vengano violentate e abbiamo mandato le ragazze a scuola. La violenza contro le donne e lo stupro sono molto comuni qui. Allora proviamo ad educarle perché conoscano i loro diritti”.
Tra i suoi successi, il gruppo è riuscito a riportare a casa dei propri mariti undici ragazze che erano state buttate fuori di casa dalla suocera per dote non sufficiente. Si batte per impedire i matrimoni con le bambine, ma non si oppone a quelli combinati tra le famiglie, troppo radicati nella tradizione e nella situazione economica dell’India rurale. Ha creato scuole di alfabetizzazione e di cucito, per dare un mestiere alle ragazze più povere. E il movimento si è esteso, creando una rete di oltre 100.000 persone in tutto il paese.”

…partire dal basso e condividere e soprattutto “educare” questa una possibile formula da meditare.

Namaste

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